sabato 29 dicembre 2012

Vi presento il mio nuovo libro: Ricordi di uno splendido passato

Cari amici e lettori, mi prendo qualche riga del blog per publicizzare il mio ultimo libro:

"Ricordi di uno splendido passato".

Il sottotitolo vi può far capire meglio di che si tratta: "Le età dell'Uomo, Platone, il Crizia e Atlantide. La storia va riscritta?"

Veniamo dunque al contenuto. Vi chiederete cosa potrete trovare di interessante in questo libro.

Sicuramente troverete tante curiosità tratte dai testi classici dei grandi autori dell’antichità: Esiodo, Erodoto, Platone, Virgilio, Seneca, lo Pseudo-Apollodoro, Giamblico ma anche alcuni autori più recenti quali Ruggero Bacone, Galileo Galilei ed infine Dimitrj Merezkovskj. Essi, nei loro testi talvolta fanno riferimento ad altri autori e così avrete modo di conoscere anche il pensiero di questi ultimi, noti o meno che siano.
Attraverso le loro opere cercherò di spiegare come credo sia avvenuta l’evoluzione della civiltà umana e proverò a porre in evidenza alcune curiosità che mi hanno spinto allo studio delle opere più antiche, nella convinzione che faranno lo stesso con chi di voi vorrà seguirmi.

Esiodo è il mio riferimento per le età dell’uomo, l’età d’oro in cui la civiltà umana godeva dei prodotti della madre terra senza versare una sola goccia di sudore, l’età dell’argento seguita dal bronzo, poi l’età degli eroi ed infine quella del ferro.
Erodoto è una fonte inesauribile di fatti sulle popolazioni del mondo di duemilacinquecento anni fa. Platone è il punto di inizio della ricerca per il mito di Atlantide.
Ma tutto quello che leggerete ha un solo fine, mostrare quanto sia probabile l’evoluzione ciclica dell’umanità. Ricerca condotta sui principali testi antichi che hanno tramandato i miti, leggende o semplici informazioni scientifiche fuori dal tempo.

Il Timeo e il Crizia, principalmente, Esiodo e Platone, Atlantide, manon solo!
Ogni volta che sarà possibile, seppure brevemente, cercherò di porre in evidenza eventuali spunti di riflessione per mezzo di domande, spesso senza risposta.

La storia, lo sviluppo dell’umanità e la conoscenza scientifica degli antichi sono soggetti di ricerca ugualmente interessanti e che ho provato ad illustrare con esempi tratti dai testi antichi e con paragoni con le conoscenze scientifiche attuali.
I testi che vi potrete trovare sono scritti in tempi diversi e rispecchiano la mia sete di ricerca e i miei interessi, spero li troverete stimolanti e che possano essere d’aiuto al vostro percorso di ricerca, qualunque esso sia.

Se vi piacciono le domande, i dubbi e i misteri del passato in vece delle false certezze, allora questo è il libro che fa per voi.

Lo potete trovare su ilmiolibro.it, buona lettura!


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

venerdì 28 dicembre 2012

Revue des deux mondes - Ricordi dell'isola di Sardegna (Parte prima)

Per caso, come tante altre volte, mi è capitato per le mani un volume della Revue des deux mondes, del primo febbraio 1863 e sfogliando le pagine rovinate dal tempo, mi sono imbattuto in un articolo che ha attirato la mia curiosità, "Souvenirs de la Sardaigne" del Conte di Minerva.
Naturalmente ho acquistato la rivista e mi sono tuffato immediatamente nella lettura.
Non ho tardato tanto ad accorgermi che questo pezzo rappresentava un prezioso ricordo delle tradizioni della Sardegna così, ho deciso di tradurlo e renderlo fruibile a chi è interessato alla storia dell'isola, ai suoi costumi e alle tradizioni.
Non so se quanto vi è raccontato sia tutto vero o quanta parte sia invece romanzo, ma credo che in ogni caso ognuno di voi lettori potrà trovarvi qualcosa d'interessante.

Ricordi dell'isola di Sardegna
del Conte di Minerva
(Parte prima)

Un ricco armatore genovese divenuto proprietario in Sardegnam'invitò, pochi anni orsono, a passare qualche settimana nelle sue terre del Campidano di Oristano, uno dei distretti dell'isola tra i più selvaggi. Io colsi al volo l'occasione che mi fu offerta di osservare la vita patriarcale in uno dei rari paesi d'Europa in cui ancora vi trova rifugio.
Questi paesi, a dir la verità, sono la disperazione dei viaggiatori, e se un caso fortuito non ha loro consentito di entrare nel focolare, di penetrare nella loro intimità, essi (viaggiatori) se ne allontanano lasciandosi alle spalle diverse incongruenze, diversi contrasti inspiegabili.
Non fu così per me, il rapido soggiorno che passai in seno alla famiglia del signor Feralli (questo era il nome dell'armatore genovese) m'insegnò più sui costumi sardi di quanto non avrei potuto imparare per mezzo di lunghe giornate di viaggio per l'isola.
Fu all'inizio di aprile del 1857 che mi imbarcai sul battello che fa la spola tra Genova e Porto Torres, il porto settentrionale dell'isola. Il signor Feralli, il mio ospite, abitava normalmente a Villanova Monteleone, piccola cittadina che dista da Porto Torres otto o dieci ore di marcia. Informato del mio arrivo si sarebbe dovuto recare a Porto Torres.
La notte era prossima quando arrivammo in vista della costa sarda, debolmente ondulata, che scompariva sempre più nelle ombre crescenti (della notte). Un brusio confuso giungeva ancora da terra: era il mormorio della vita che si risvegliava dopo le ore calde d'un giorno di primavera; ma il brusio cessò non appena entrati in porto. La notte era calata e dovemmo rimandare lo sbarco all'indomani.
Il sole si era appena levato quando sbarcammo in mezzo ai numerosi gruppi di perditempo già fermi sulla banchina .
La mia attenzione venne Immediatamente attirata dalla fisionomia e dal costume d'un cavaliere che, in piedi vicino al suo cavallo, sembrava cercare qualcuno tra i passeggeri. Si trattava di un giovane uomo di circa venticinque anni, dal colorito abbronzato, gli occhi neri, la barba lunga e setosa. Aveva il capo coperto da una sorta di cuffia frigia di colore scuro. I suoi capelli erano suddivisi in due enormi trecce che si riunivano sulla fronte. La tunica in pelle di cervo senza maniche che dalle spalle scendeva fino alle ginocchia era stretta ai fianchi con una cintura in cuoio alla quale era appeso un pugnale ricurvo: appresi più avanti che questo vestito si chiamava "collete", oggi se ne vedono solo raramente nel nord dell'isola. Del giustacuore, o corytu, ricoperto dalla collete, non si vedevano che le maniche violette con le cuciture scarlatte e ornate, dal polsino al gomito, da una guarnizione di bottoni in metallo cesellato. La collete lasciava apparire anche i bordi d'una giubba di drappo nero, o rhagas, qualcosa di mezzo tra la fustsnella albanese e le brache francesi del XVII° secolo, poi un pantalone gonfio in tela fine bloccato al disotto del ginocchio da ghette di drappo nero (borzeghinos) guarnite da bottoni di metallo e ornati di nastri blu che li serravano alle caviglie. Delle placche d'argento cesellato, incrostate di corallo, scintillavano sul collete come sulla cintura. L'insieme di questo costume offriva, come è facile capire, un mix singolare di ricchezza e di semplicità...
Continua...
Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO